In questi tempi di medicina standardizzata, protocolli, linee guida e intelligenza artificiale purtroppo si è verificato un appiattimento delle interpretazioni degli esami ematici, considerati sempre perfetti se non c’è il famigerato asterisco e indici incontestabili di patologie o squilibri, anche in persone perfettamente sane, se si discostano appena un po’ dal range di presunta normalità. Questo ha portato molte persone, consapevoli dell’inadeguatezza e della superficialità con cui vengono spesso giudicati dai propri curanti, a ricorrere all’aiuto del “dottor Google”, in molti casi altrettanto inappropriato.
Vi propongo quindi un elenco di quelli che a mio avviso sono importanti e imprescindibili per un controllo generale della nostra salute, con una piccola guida all’interpretazione, che non vuole sostituirsi al giudizio del medico ma permettere di valutare la correttezza e l’accuratezza con cui sono stati esaminati.
Questo è il “minimo sindacale” che consiglio di solito per un check up annuale:
Emocromo con formula
Ferritina
Glicemia
Insulinemia
Emoglobina glicata (HbA1c)
Colesterolo totale, HDL, LDL
Trigliceridi
Creatininemia
Uricemia
Transaminasi
Gamma GT
Fosfatasi alcalina
Bilirubina totale e indiretta
TSH (con FT3, FT4 e anticorpi anti-TPO e TG in caso di anamnesi familiare positiva per patologia tiroidea, in perimenopausa, nei celiaci, in presenza di sintomi quali astenia, disturbi del sonno, della termoregolazione, tachicardia, iper o ipotensione, alterazioni del peso e dell’appetito, agitazione, apatia ecc.
Vitamina D
PTH (Paratormone)
Vitamina B12
Acido folico
Omocisteina
PCR (Proteina C Reattiva)
Fibrinogeno
D-dimero
Ed ecco alcune “dritte” per la lettura, soprattutto di quelli di interpretazione più controversa:
Emocromo
Globuli rossi bassi indicano anemia, che di solito è da carenza di ferro quando il CMV (volume medio) è basso, ma può essere espressione di microcitemia (anemia mediterranea) se il loro numero è elevato. Se invece il CMV è aumentato o vicino ai limiti superiori della norma può suggerire deficit di vitamina B12 e/o acido folico, in modo anche più sensibile del dosaggio della vitamina stessa. Globuli rossi in eccesso possono essere espressione di patologie ematologiche, disidratazione o ipossia cronica (per esempio in chi vive in alta montagna). Livelli di globuli bianchi alti indicano in genere infezioni acute, bassi possono essere presenti in caso di deficit immunitari, virosi croniche, farmaci o patologie del sangue. Le piastrine alte possono essere legate a infiammazioni, traumi, malattie ematologiche, disidratazione e vanno monitorate perché possono favorire fenomeni trombotici. Piastrine basse si hanno in infezioni virali (epatiti, mononucleosi, HIV), trombocitopenia autoimmune o HIT (Trombocitopenia indotta da eparina), malattie epatiche e del sangue, infezioni, alcool, farmaci ed esposizione ad agenti chimici. Il rischio in questo caso è opposto, ossia le emorragie.
Ferritina
Una ferritina sotto il limite per le donne in età fertile è praticamente fisiologica, mentre una ferritina molto alta è un indice di infiammazione sistemica e non è un risultato auspicabile. Secondo alcuni studi c'è correlazione fra alti livelli di ferritina e diabete tipo 2. Il ferro è un fattore di ossidazione e sembra contribuire all'aumento del rischio cardiovascolare, di patologia neurodegenerativa, di osteoporosi e anche di cancro. Parametri salutari vanno da 20 a 80 mg/ml.
Glicemia
L’iperglicemia è uno dei principali flagelli legati alla nostra alimentazione ricca di carboidrati. Idealmente la glicemia a digiuno non dovrebbe superare gli 80-85 mg/dL, quella postprandiale a 2 ore dal pasto 110. Si considera comunque normale fino a 125.
Insulina
Conseguentemente a valori glicemici elevati si ha un aumento di insulina che porta nel tempo a insulinoresistenza, cioè perdita di sensibilità dei recettori con conseguente iperinsulinismo. Il valore ottimale a digiuno non dovrebbe essere superiore a 5 mUI/ml, ideale sotto 3. Da glicemia e insulina è possibile ricavare l’indice HOMA, acronimo inglese per “homeostatic model assessment”, ovvero “valutazione del modello omeostatico”, un metodo matematico utilizzato per quantificare la resistenza all’insulina. Tale indice si basa sulla formula glucosio x insulina/405 ma può essere facilmente calcolato online in automatico. In genere si considerano normali valori di HOMA-IR compresi tra 0,23 – 2.5 (unità di misura del glucosio in mmol/L e insulina in mIU/L) ma già valori superiori a 2 sono una soglia di allarme. Per approfondire ulteriormente, molto utile il dosaggio dell’insulina un’ora dopo il pasto.
Emoglobina glicata HbA1C
Il glucosio legato all’emoglobina rappresenta l'andamento della glicemia negli ultimi tre mesi ed è un efficace predittore del processo di glicazione avanzata, responsabile della formazione di AGE (advanced glycation end- products). Gli AGE, proteine e grassi legati a zuccheri, sono considerati i principali responsabili del processo di invecchiamento, dalle rughe ai disturbi artrosici, al deterioramento cardiovascolare e al declino cognitivo. Il valore ottimale è fra 5,0 e 5,5%
Colesterolo totale
Il valore di colesterolo totale non è un marcatore di rischio cardiovascolare, come ormai ampiamente dimostrato. Molti studi sembrano anzi correlare valori bassi di colesterolo totale con aumentato rischio di declino cognitivo, il che non è troppo strano considerando che un quinto del peso del cervello è costituito da colesterolo. Conviene quindi preoccuparsi di più di un colesterolo sotto i 150 mg/dL (che può indicare anche un deficit di sintesi da parte del fegato) che sopra i 200.
LDL
Non è esattamente il colesterolo “cattivo”, come comunemente viene indicato. Rappresenta il colesterolo legato a proteine di trasporto, indispensabili per fornirlo ai tessuti che da esso dipendono (in primis il cervello). In particolare è la forma di trasporto del colesterolo verso i tessuti. In realtà esistono due forme di LDL, particelle piccole e dense (VLDL) e grandi e soffici; queste ultime non sono correlate ad aumento di rischio cardiovascolare. Le VLDL sono pericolose perché vengono facilmente ossidate, il che avviene soprattutto in presenza di alti livelli di zucchero. Un livello sopra i 100 di LDL non implica necessariamente rischio cardiovascolare se i trigliceridi (direttamente correlati al consumo di carboidrati) sono bassi.
In caso di elevati valori di LDL può essere utile dosare le lipoproteine A, B e (a) e le LDL ossidate; per approfondimenti rimando al mio post “Colesterolo, amico o nemico?”
HDL
È il colesterolo legato a un'altra proteina di trasporto, che dalla periferia lo porta verso il fegato. Aiuta anche a riparare le pareti interne dei vasi sanguigni, contribuendo a prevenire la malattia cardiaca. Per questo viene ritenuto il colesterolo “buono”.
Il rapporto fra HDL e colesterolo totale dovrebbe essere sopra il 24%, ma più è alto il numero, meglio è. Livelli sotto il 10% sono estremamente pericolosi.
Trigliceridi
Sono correlati all'assunzione di carboidrati e sono i veri grassi “cattivi”. Non dovrebbero superare il valore di 75 mg/dl. Utile valutare il rapporto fra trigliceridi e HDL, che dovrebbe essere inferiore a 2. Un valore più alto è correlato a insulinoresistenza.
Creatinina
È il parametro principale della funzionalità renale, in caso di valori aumentati vanno eseguiti esami di approfondimento.
Acido urico
L’acido urico è un prodotto della degradazione delle molecole dette purine, che sono i componenti fondamentali del materiale genetico (DNA e RNA) e ha una duplice azione, antiossidante e proossidante. Non è quindi di per sé nocivo, anzi partecipa alle difese, alla regolazione pressoria ed alla funzionalità immunitaria, ma è importante che si mantenga in un range preciso che va da 3 a 5,5 mg/dl per le donne in premenopausa, 6,5 per gli uomini e in postmenopausa, in quanto l’iperuricemia, oltre a poter condurre alla gotta, è un fattore di rischio cardiovascolare indipendente. I cibi più ricchi di purine sono quelli di origine animale, in particolare le frattaglie ed alcuni pesci come le acciughe e le aringhe; tuttavia, un’alimentazione ad alto contenuto di purine contribuisce solo ad una piccola minoranza dei casi di iperuricemia, che più spesso indica eccessivo consumo di carboidrati, in particolare di fruttosio, e di alcolici. Si può avere anche iperuricemia da farmaci, da ridotta funzionalità renale e da tumori del sangue, ma in questo caso si tratta di patologie di solito già note.
Transaminasi, gamma GT, fosfatasi alcalina, bilirubina
Sono esami che si utilizzano per la valutazione della funzionalità epatica. La bilirubina leggermente aumentata in presenza di enzimi normali è in genere espressione di una sindrome genetica, il Gilbert, senza implicazioni particolari per la salute.
TSH con eventuali FT3 FT4 e anticorpi antitiroide
La pratica contemplata dalle linee guida nazionali della prescrizione esclusiva del TSH reflex, che comporta il dosaggio di FT4 solo se TSH è aumentato e di FT3 solo se FT4 ridotto, porta alla mancata evidenziazione di molti ipotiroidismi subclinici, nei quali un deficit di conversione da T4 (ormone di deposito) a T3 (ormone attivo) fa sì che ci possa essere una carenza di attività ormonale non rilevabile dal solo TSH. È quindi importante eseguire un profilo completo (considerando che un FT3 ottimale sarebbe vicina al limite massimo del range) per una valutazione accurata della funzionalità tiroidea. L’esecuzione degli anticorpi almeno periodicamente serve a rilevare tiroiditi autoimmuni in cui la ghiandola ancora funziona in modo adeguato, per poter mettere in atto le opportune misure preventive al fine di evitare l’esito in ipotiroidismo.
Vitamina D e PTH (paratormone)
Nonostante quanto indicato dai laboratori, il valore ottimale di vitamina D è oltre 50, meglio se almeno 70-80 ng/mL. Tuttavia, va considerato anche il livello di paratormone, che dovrebbe essere idealmente sotto i 50 pg/mL e che è in relazione inversa con la vitamina D in quanto entrambi implicati nell’omeostasi del calcio nel sangue. Livelli elevati di vitamina D in presenza di PTH elevato possono indicare che ci si trova in presenza di scarso apporto di calcio e magnesio oppure di resistenza alla vitamina D, ossia sua ridotta funzionalità, situazione che è stata descritta anche recentemente in letteratura e che può essere di origine genetica o indotta da agenti patogeni.
Vitamina B12
I valori normali sono in genere compresi nella maggior parte dei laboratori fra i 200 e i 900 pg/mL, ma una vitamina B12 ottimale dovrebbe essere vicina ai limiti superiori del range. In ogni caso, in presenza di globuli rossi di volume aumentato o di omocisteina elevata, è comunque indicata una supplementazione, possibilmente con la forma attiva (metilcobalamina).
Acido folico
Il valore dell'acido folico deve essere compreso tra 3 e 26 ng/ml, anche se tale parametro varia leggermente a seconda dei laboratori. Idealmente sarebbe auspicabile intorno a 20. Come per la vitamina B12, è consigliabile integrarlo in caso di macroglobulia e/o iperomocisteinemia, sempre in forma di metilfolato.
Omocisteina
L’omocisteina è un sensibile indicatore di rischio cardiovascolare e di patologia neurodegenerativa. È un aminoacido che si produce nella digestione proteica e che normalmente viene convertito in glutatione (il più importante e potente agente antiossidante) e SAMe (S-adenosil metionina, con effetto stimolante del tono dell'umore). Oltre metà della popolazione italiana è portatrice di una mutazione genetica (in forma parziale o più di rado completa) che fa sì che l’enzima MTHFR non funzioni correttamente, per cui l’omocisteina si accumula in eccesso. Gli enzimi responsabili della trasformazione dell’omocisteina inoltre dipendono da alcune vitamine del gruppo B, che possono non essere introdotte in quantità sufficiente con l'alimentazione o essere assorbite scarsamente dal corpo per varie ragioni, inclusa l'età. Non dovrebbe mai superare i 10 micromol/L, ma idealmente andrebbe mantenuta sotto i 6.
PCR
La PCR (Proteina C Reattiva) è una glicoproteina che viene prodotta nel fegato in risposta a traumi o infezioni che innescano processi infiammatori. Indica quindi il livello di infiammazione generale e più bassa è, meglio è; non dovrebbe comunque superare 0,7 mg/L. Se possibile, meglio eseguire il test ad alta sensibilità.
Fibrinogeno
Il fibrinogeno è un fattore della coagulazione, precisamente il fattore I, sintetizzato nel fegato e rilasciato nel sangue. Il suo rilascio avviene, insieme ad altri fattori della coagulazione, in risposta a un danno ai tessuti dell’organismo, che innesca il processo coagulativo. Il fibrinogeno entra in gioco verso la fine della cascata coagulativa, quando viene convertito in fibrina, la quale, intrecciandosi con altri filamenti di fibrina, formerà una rete. I filamenti di fibrina e le piastrine, infine, daranno origine a un coagulo stabile, che rimarrà fino alla completa guarigione della ferita.
Valori elevati di fibrinogeno, accompagnati da un aumento delle proteine di fase acuta, come la PCR o la protrombina, sono solitamente associati a processi infiammatori in corso nell’organismo, ma anche a situazioni come i postumi di un intervento chirurgico o la gravidanza. Patologie tumorali, infezioni acute, patologie infiammatorie, traumi, ferite o gravi ustioni possono causare iperfibrinogenemia, così come l'uso di contraccettivi orali, il fumo e l’obesità. Il fibrinogeno elevato è legato a un maggiore rischio di malattie cardiovascolari, poiché favorisce la formazione di coaguli di fibrina, che possono ostruire le arterie e causare ischemia o infarto. I valori medi si attestano tra 200 e 400 milligrammi per decilitro (mg/dL).
D-dimero
Il D-dimero è un prodotto della degradazione dei coaguli che, una volta riparato il danno tessutale, vengono distrutti da un enzima chiamato plasmina in piccoli frammenti di degradazione della fibrina; uno di questi frammenti è proprio il D-dimero.
Il test del D-dimero viene utilizzato per rilevare la presenza di un trombo, e un risultato nella norma consente di escludere condizioni come trombosi venosa profonda, embolia polmonare, infarto e coagulazione intravascolare disseminata (CID). I livelli di D-dimero tendono a elevarsi anche in caso di infezioni, infiammazioni sistemiche o neoplasie, oltre che con l'uso di contraccettivi ormonali e in situazioni fisiologiche come gravidanza, invecchiamento e attività fisica intensa. Il valore limite è di 500 µg/L, ma può essere innalzato con l'età e durante la gravidanza.
Naturalmente, l’interpretazione degli esami spetta al proprio medico curante, ma sempre più ci rendiamo conto che il tempo di delegare completamente la gestione della nostra salute è ormai passato. Dovremmo diventare parte attiva e consapevole del nostro benessere, evitando di rimanere soggetti passivi di fronte a un'autorità esterna che può risultare sempre meno affidabile. Quindi, fiducia nei nostri medici, sì, ma un po’ di conoscenza e approfondimento serio sono ormai imprescindibili per tutti.
Buono studio!
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