Colesterolo: il grande spauracchio dei nostri tempi, indice incontrastato di rischio cardiovascolare, quello che tutti vanno subito a controllare negli esami del sangue, tirando un sospiro di sollievo se è normale o basso e andando in ansia se compare il famigerato asterisco a fianco.
Ma è davvero così?
Importanti lavori scientifici negli ultimi anni sembrano aver messo definitivamente la parola fine a questo mito.
Per esempio, uno studio danese pubblicato sullo Scandinavian Journal of Primary Health Care ha dimostrato che nei soggetti di più di 60 anni di età l'aumento del colesterolo LDL abbassa il rischio di morte per qualsiasi causa in modo molto significativo sia nei maschi sia nelle femmine, fino a dimezzarlo rispetto invece a chi ha il colesterolo basso.
Un lavoro cinese pubblicato nel 2015 su Atherosclerosis ha addirittura evidenziato che per ogni 39-40 mg/dl in più (in più!) di LDL, cioè di colesterolo “cattivo”, in soggetti di più di 80 anni, si ha una riduzione del rischio di morte da tutte le cause (cardiovascolari incluse) del 19%. Significa che il colesterolo elevato della persona anziana, secondo questa ricerca, ha un impatto protettivo molto favorevole sulle malattie tumorali, su quelle degenerative e anche sulle stesse malattie cardiovascolari. Ohibò!!
Una review, pubblicata sul British Medical Journal online nel giugno 2016, ha confermato in modo rigoroso questi sospetti, stimolando una serie di riflessioni sul ruolo dell'LDL e dei valori assoluti di colesterolo nella persona anziana. Quest'ultimo lavoro è stato svolto da universitari e ricercatori di tutto il mondo che hanno posto enormi dubbi sulla "ipotesi colesterolo". La loro revisione, applicata a circa 70.000 persone, ha confermato il fatto che dopo i 60 anni la mortalità per tutte le cause, compresa quella per malattie cardiovascolari, non appare significativamente correlata con i livelli di colesterolo e di HDL.
In letteratura ci sono da molti anni dimostrazioni dell’aumento di rischio di malattie cardiache con diete a basso contenuto di grassi e colesterolo: per esempio uno studio pubblicato già nel 1992 sul British Medical Journal riporta un eccesso di mortalità per cause non cardiache con i farmaci ipocolesterolemizzanti e nessuna riduzione della mortalità cardiaca con la dieta; anche l’aterosclerosi in studi recenti sembra correlata più ai trigliceridi, in particolare alle lipoproteine ricche di trigliceridi (TRL), che al colesterolo.
Ma c’è dell’altro.
Uno studio prospettico firmato da ricercatori della Pennsylvania State University (USA) e pubblicato nel 2019 sulla rivista Neurology ha evidenziato come un livello di colesterolo LDL inferiore a 70 mg/dL sia associato in modo statisticamente significativo a un rischio aumentato di ictus; dato confermato da un altro lavoro, pubblicato nella stessa rivista nello stesso anno, basato su 27.937 donne. Si è dimostrato che le donne con il colesterolo basso hanno una probabilità cinque volte maggiore di morte precoce, ma altri studi hanno riscontrato una mortalità aumentata anche per gli uomini. In particolare nell’età avanzata, il colesterolo ha un ruolo fortemente protettivo.
Del resto, il colesterolo ha un’importanza fondamentale per il nostro organismo: è presente in ogni cellula del nostro corpo ed è indispensabile per la struttura delle membrane cellulari -alle quali conferisce stabilità-, degli ormoni steroidi, della vitamina D e degli acidi biliari necessari per la digestione dei grassi.
Il colesterolo gioca inoltre un ruolo vitale per una sana funzionalità neurologica. Bassi livelli di colesterolo sono stati associati a rischio aumentato di depressione e suicidio. Un quarto del colesterolo corporeo si trova nel cervello, dove svolge anche funzione di antiossidante; non solo, la mielina, la guaina che protegge le fibre nervose, è costituita al 20% da colesterolo. Parecchi studi hanno dimostrato che livelli più alti di colesterolo sono associati a miglior salute cerebrale. Secondo la scienziata Stephanie Seneff livelli insufficienti di grassi e colesterolo giocano un ruolo cruciale nel processo di insorgenza dell’Alzheimer, come riportato nell’articolo del 2009 “APOE-4: The Clue to Why Low Fat Diet and Statins May Cause Alzheimer’s”, poiché l’apolipoproteina E, prodotta nel cervello a partire dal colesterolo, è essenziale per la formazione delle sinapsi, ossia delle connessioni fra i neuroni, alla base della memoria e dei processi di elaborazione mentale.
Dopo il cervello, gli organi che necessitano di maggiori quantità di colesterolo sono le ghiandole sessuali e surrenali, poiché lo utilizzano come base per formare gli ormoni steroidei: anche per cercare di sopperire alla loro diminuzione con l’età e la menopausa, oltre che con lo stress che ne determina un eccessivo consumo, l’organismo tende ad aumentarne progressivamente la produzione endogena. Secondo alcuni ricercatori la drammatica riduzione della fertilità sia maschile che femminile potrebbe essere in parte correlata alle diete a basso contenuto di grassi saturi.
Il colesterolo è inoltre componente fondamentale della bile, senza la quale non avviene la digestione e assimilazione di grassi e vitamine liposolubili, oltre a rappresentare la materia prima di partenza per la sintesi della vitamina D nella cute esposta al sole.
Non solo, a partire dal mastodontico studio Framingham, molti altri lavori hanno dimostrato che le persone con colesterolo basso hanno incidenza maggiore di cancro e di malattie infettive in generale. Infatti, il sistema immunitario necessita di colesterolo per combattere le infezioni e riparare i danni dell’infiammazione. In particolare, il colesterolo LDL lega e inattiva le tossine batteriche, ha azione antiflogistica e antiossidante e spegne il cosiddetto quorum sensing, ossia la modalità di comunicazione fra batteri che ne regola la proliferazione.
In definitiva, dovremmo preoccuparci più di aumentare che di ridurre i nostri livelli di colesterolo!
Ma da dove nasce allora la sua demonizzazione?
Senz’altro in prima battuta dal famoso studio di Ancel Keys, The Seven Countries Study, che, come ampiamente dimostrato, era in larga parte manipolato per dimostrare una tesi precostituita, ossia che il consumo di grassi saturi fosse correlato alla mortalità cardiovascolare. In seguito all’enorme popolarità mediatica conseguita da Keys, innumerevoli studi furono condotti per suffragare questa teoria, usando sempre i dati in modo selettivo, cioè escludendo quelli che non la confermavano. Al contrario, i lavori che dimostravano il contrario furono ignorati o boicottati dalla scienza mainstream (per un approfondimento su questo tema consiglio il dettagliatissimo libro di Natasha Campbell-Mcbride La salute del cuore: una storia da riscrivere, True edizioni, oltre al capitolo sulla dieta mediterranea del nostro E adesso cosa si mangia?). In ogni caso, è ben dimostrato che il colesterolo è solo in piccola parte legato all’alimentazione, in una quota variabile dal 10 al 25% da individuo a individuo.
Il colesterolo come nemico è diventato poi un dogma intoccabile con la scoperta delle statine e il business miliardario ad esse legato, che ha condizionato le Consensus Conferences e le conseguenti linee guida applicate dai cardiologi di ogni parte del mondo.
Come leggere gli esami del sangue
Se in generale abbiamo detto che non c’è da preoccuparci in presenza di profili lipidici che si discostano dalla cosiddetta “normalità”, possiamo tuttavia identificare delle situazioni in cui il colesterolo diventa problematico, non di per sé ma perché danneggiato. Questo normalmente si verifica in caso di alti livelli di insulina, glicemia e trigliceridi, che correlano con la glicazione, l’ossidazione e l’infiammazione di basso grado, vere “madri” di tutte le cosiddette NCD o Non Communicable Diseases (malattie non trasmissibili).
Ed ecco alcuni parametri da valutare per il rischio CV; calcolatrice alla mano, con questi risultati possiamo dormire sonni tranquilli:
- Omocisteina: idealmente <6
- Insulina: <5 con glicemia normale
- Glicemia < 90 a digiuno
- HbA1C < 5.5 (NB: la glicazione dell’emoglobina è un indicatore indiretto della glicazione di altre proteine, quali le LDL, che alcuni autori ritengono altrettanto correlate all’aterosclerosi delle ox-LDL)
- Trigliceridi < 100
- HDL > 50
- Rapporto TG/HDL <1,8
- Rapporto LDL/HDL < 3 (ideale vicino a 1)
- Rapporto colesterolo totale/HDL < 5 (ideale vicino a 3)
- LDL ossidate (ox-LDL) basse: rapporto ox-LDL/LDL <0.2, rapporto ox-LDL/HDL <0.4
- Apolipoproteina (a) o Apo B100 bassa
- Apolipoproteina A1 elevata
- Rapporto Apo B/Apo A1 fra 0.3 e 0.9
Cosa fare se i nostri valori non sono corretti?
Prima di considerare di assumere dei farmaci, dobbiamo correggere i fattori che ci portano ad essere infiammati, iper ossidati e pieni di zuccheri:
- lavorare sull’alimentazione con una dieta fortemente low carb, a basso indice insulinemico, ricca di alimenti antiossidanti, freschi, non processati;
- tenere sotto controllo il peso corporeo, in particolare il “cattivo” grasso viscerale;
- valutare un’opportuna integrazione di omega 3, vitamine, minerali, oligoelementi;
- eliminare fumo e alcool;
- fare un’attività fisica moderata e costante;
- dormire un numero adeguato di ore, almeno 7-8 per notte;
- migliorare la gestione dello stress;
- detossificare fegato e altri emuntori, fondamentali per il metabolismo lipidico.
Va considerata però un’altra componente fondamentale per la salute del nostro cuore, al di là delle pur indispensabili modifiche dello stile di vita, e cioè la vita emozionale.
In medicina tradizionale cinese il cuore è l’organo associato alla gioia e in tutte le tradizioni spirituali il cuore o quarto chakra è la sede dell’amore. Un cuore sano è un cuore aperto, che dà e sa ricevere amore, che prova compassione ed empatia per gli altri e anche per se stesso, che sa affrontare e superare il proprio dolore e perdonare i suoi e gli altrui errori. Imparare a vivere gioiosamente e a lasciar andare ciò che non è realmente importante può non essere un compito facile, ma è una terapia dai benefici garantiti, che ci assicura la totale assenza di rischi e di effetti collaterali.
Impegniamoci per riuscirci!
Per approfondire consiglio:
1) Bathum L et al. Association of lipoprotein levels with mortality in subjects aged 50 + without previous diabetes or cardiovascular disease: a population-based register study. Scand J Prim Health Care. 2013 Sep;31(3):172-80.
2) Lv YB et al, . Low-density lipoprotein cholesterol was inversely associated with 3-year all-cause mortality among Chinese oldest old: Data from the Chinese Longitudinal Healthy Longevity Survey. 2015 Mar;239(1):137-42
3) Ravnskov U et al. Lack of an association or an inverse association between low-density-lipoprotein cholesterol and mortality in the elderly: a systematic review. BMJ Open. 2016 Jun 12;6(6):e010401
4) Ma C et al. Low-density lipoprotein cholesterol and risk of intracerebral hemorrhage: A prospective study. Neurology. 2019 Jul 30;93(5): e445-e457
5) Oliver MF. Doubts about preventing coronary heart disease. BMJ. 1992 Feb 15;304(6824):393-4
6) Nordestgaard BG. Triglyceride-Rich Lipoproteins and Atherosclerotic Cardiovascular Disease: New Insights From Epidemiology, Genetics, and Biology. Circ Res. 2016 Feb 19;118(4):547-63
7) Rist PM et al. Lipid levels and the risk of hemorrhagic stroke among women. Neurology. 2019 May 7;92(19):e2286-e2294
8) Seneff, S. (2009) APOE-4: The Clue to Why Low Fat Diet and Statins May Cause Alzheimer’s. http://people.csail.mit.edu/seneff/alzheimers_statins.html
9) Attaman JA et al. Dietary fat and semen quality among men attending a fertility clinic. Hum Reprod. 2012 May;27(5):1466-74.
10) Manifold-Wheeler BC et al. Serum Lipoproteins Are Critical for Pulmonary Innate Defense against Staphylococcus aureus Quorum Sensing. J Immunol. 2016 Jan 1;196(1):328-35.
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