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Immagine del redattoreLucia Di Lucca

Vecchi maestri, giovani allieve e i brownies

Nel 2008 eravamo al nostro terzo, quarto, quinto, boh viaggio in India. Con una coppia di amici, Roberto ed io avevamo visitato il Rajastan, festeggiato il capodanno e poi, salutati gli amici, abbiamo preso un aereo per Bangalore e a seguire il treno per Mysore, entusiasti di ricominciare a praticare, dopo la breve sosta vacanziera. A Mysore (città natale dell'ashtanga yoga e ancor oggi meta principale e ambita di tutti i praticanti vecchi e nuovi), ci aspettavano i nostri vicini di casa, anche loro appassionati di yoga. La casa era sempre la stessa, vicino all'ufficio postale, la stanza sempre la stessa, quella in mezzo. Stessi proprietari di casa, stessi insegnanti, stesso ristorante, stessa shala, ma nuovi amici. Durante una delle eterne colazioni post pratica al "Mandala", una mattina incontriamo C. e la sua nuova compagna e futura moglie J. Lui americano, lei francese e non praticavano ashtanga. Cosa???? Cos'altro si potrebbe mai venire a fare a Mysore se non a praticare ashtanga? C. e J. ci parlarono a lungo di questo nuovo, giovane insegnante, Vinay.

Vinay, poco più che ventenne, aveva sistematizzato uno suo metodo con una sequenza di asana specifica, un nuovo stile dinamico, cugino dell'ashtanga: Prana Vashya Yoga. Inoltre, tutti i pomeriggi insegnava classi di back bendings (posizioni di inarcamento della schiena) ai suoi, allora poco numerosi, allievi. C. e J. ce ne raccontavano meraviglie: la sua bravura, attenzione, precisione, dolcezza...."Dovete venire a provare una classe di back bendings" continuavano a dirci. E beh, a dire il vero, la classe degli stramaledettissimi back bendings ci incuriosiva un bel po', ma "no dai, doppia pratica no!"; "beh ma proviamo, solo una volta dai!!!".... Così Roberto ed io cercavamo di convincerci o dissuaderci a turno sul da farsi. Un giorno C. e J. ci dicono che quel sabato ci sarebbe stata una classe di bhajan (un tipo di canto devozionale indiano) e a seguire una cena in terrazza per una cifra davvero irrisoria. Roberto attratto dalla cena, io dai canti (senza naturalmente avere la più pallida idea di che cosa fossero) decidiamo di partecipare al raduno di quel sabato sera, nella shala di Vinay. Arriviamo, una decine di persone seduta per terra a gambe incrociate, di fronte una signora in sari cantava cose incomprensibili in un'atmosfera di devozione totale a chissà chi o cosa. Ci fanno entrare e sedere a gambe incrociate, cosa per noi quasi impossibile all'epoca, nonostante gli sforzi dedicati all'apertura delle anche! Ci danno un foglio con le parole dei canti che avremmo eseguito e via che la signora inizia a cantare. Dopo meno di dieci minuti in cui cercavo di darmi un tono e di seguire affannosamente le parole e la melodia, Roberto si gira, con sguardo infuocato e facendomi il segno dello sgozzamento sussurra "mai più!". Sottotitolo ".... o sei morta!"

Ahimé la sessione è durata più di un'ora, solo il miraggio della cena e l'idea della figuraccia se si fosse alzato, ha tenuto Roberto incollato al pavimento a sfarfugliare parole senza senso.... quanto meno per noi! Fortunatamente la cena era buona e la compagnia molto gradevole, così mi sono evitata il divorzio per direttissima! In quell'occasione abbiamo conosciuto Vinay che ci fece subito un'ottima impressione.

Decidemmo dunque di andare a parlare con lui per essere ammessi alla classe di back bendings. Sapevamo da C. e J. che Vinay non accettava praticanti per meno di un mese, noi avevamo più o meno ancora un paio di settimane, ma pensammo che avremmo potuto convincerlo. Così un pomeriggio, abbiamo chiesto un appuntamento e siamo andati a parlare con lui. Beh, una scena che non scorderò mai! Prima Vinay ci spiega per filo e per segno come è articolata una classe, la gradualità degli esercizi, il "taglio sartoriale" ovvero l'attenzione ad ogni singolo allievo nel rispetto della sua anatomia, limiti, libertà, la serietà che richiedeva e il fatto che non era possibile partecipare per meno di un mese, poiché lui non avrebbe potuto fare, dal suo punto di vista, un lavoro completo. Dopo è toccato a noi. A quel punto abbiamo sfoderato tutte le nostre armi persuasive per cercare di convincerlo a prenderci per due settimane. Abbiamo tirato in ballo il lavoro, la casa, il volo di ritorno, assicurando però tutta la nostra serietà, dedizione e impegno. Vinay ci ascoltava con un sorriso comprensivo sulle labbra, con attenzione e interesse. Ormai convinti di averlo persuaso abbiamo terminato la nostra arringa per sentire il verdetto: "No, sorry! You can come back next year for one month" sempre con il suo dolce sorriso! Eravamo esterrefatti! L'uomo era stato irremovibile! Tristi, beffati, ma anche un po' divertiti, siamo ritornati a casa con la coda fra le gambe.


Quel giovane insegnante, così dolce e allo stesso tempo, serio, sicuro e determinato ormai mi aveva conquistato e nel giro di due anni ero insegnante di Prana Vashya.

Dopo qualche anno, riconvertita all'ashtanga, un giorno a Bottega Ashtanga arriva I. (aveva praticato con noi l'anno prima, ma aveva sempre espresso il desiderio di provare Prana Vashya), era tornata da Mysore dove aveva studiato con Vinay. Mi ha chiesto se poteva venire in shala e praticare Prana Vashya e se magari le potevo dare un'occhiata di tanto in tanto. Ci ho dovuto pensare un po', mi sono confrontata con Roberto e ci siamo detti, ma perché no? Così I. frequenta la shala e in mezzo a tutti quelli che praticano la loro serie di ashtanga, lei si ricava uno spazio e un tempo per la sua pratica e io sono molto felice dell'"interculturalità" e di poterla seguire e sostenere quando necessario.


Ora, a Bottega Ashtanga sembra che oltre alla passione per lo yoga si condivida anche quella per la dieta sana: ci si scambia ricette, si condividono colazioni, si spacciano granuli di kefir e scoby per la kombucha. Un giorno prima del lockdown I. mi scrive un messaggio dove c'era una ricetta e il suo commento "Lucy, questa la devi provare!". E così ho fatto, con una piccola modifica. Visto il successo la condivido qui!


Brownies buoni e sani


Ingredienti 1 batata grande (circa 600 g)

150 g di cioccolato fondente (minimo 85%) 2 cucchiaini di olio di cocco 2 datteri (facoltativi) 2 cucchiai di cacao amaro (meglio se cacao crudo) un pizzico di sale

Procedimento Cuocere la batata in acqua o al vapore fino a quando risulterà morbida. Sciogliere il cioccolato a bagnomaria. Mettere la batata e gli altri ingredienti in un frullatore o robot da cucina e frullare fino ad ottenere una crema omogenea. Trasferire l'impasto in una teglia da forno ricoperta da carta da forno (naturalmente non trattata!) e cuocere in forno a 180° per 25 minuti. I datteri (nel numero di 5) sono presenti nella ricetta originale, ma lo abbiamo provato per voi, e anche senza è buonissimo!

Provate e diteci se vi piace!

Lucia Di Lucca


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