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Immagine del redattoreLucia Di Lucca

Viaggi, yoga e colazioni gluten free

Era il 2 ottobre 2014 e Roberto ed io partivamo per un viaggio che sarebbe durato quasi un anno. Roberto aveva sospeso i suoi contratti come consulente pedagogico e io avevo "piazzato" i miei corsi di L2 tra le mie due amiche/colleghe di una vita. La casa affidata a G., insieme all'auto e ai gatti. Quel 2 ottobre G. e T. ci hanno accompagnato in aeroporto, dove ci avevano raggiunto anche M. e F. per l'ultimo aperitivo prima della partenza. In macchina, diretti all'aeroporto, mentre lamentavo una certa preoccupazione riguardo al lavoro al mio rientro, T. che, a quel punto, stava insegnando nelle mie ex classi da circa due settimane, mi disse "Tranquilla Lu, appena torni, quelle sono tue!!". In effetti non erano ragazzi facili da gestire, ma divertenti.... talvolta!


Comunque, prima destinazione Calcutta! Da lì abbiamo risalito le rive del Gange fermandoci in alcune città sacre per gli indiani.... Perché sacre, in molti casi mi è risultato davvero incomprensibile, ma, diciamo, interessanti. Il primo mese è passato così tra Bodhgaya, Varanasi, Khajuraho, Orcha e fino ad Agra per l'imperdibile Taj Mahal.

Il secondo mese ci aspettava un intensivo di ashtanga con una delle insegnanti più "fricchettone" del mondo dello yoga a Rishikesh, paradiso di tutti i praticanti dai tempi dei Beatles. Con un autista che non parlava inglese e probabilmente non aveva neppure la patente, siamo arrivati all'hotel che avevamo prenotato da casa, la sera tardi dopo un viaggio interminabile, fatto di strade sbagliate, incomprensioni e conseguenti incazzature.

La stanza era orribile e sporca, ma c'era da aspettarselo, quello che non avevamo capito è che l'albergo era situato in quella che viene chiamata Swiss Area: una sorta di zona residenziale fatta di piccoli hotel e svariati ristoranti. Il problema è che era a oltre 20 minuti a piedi dalla nostra scuola di yoga che era invece in centro. Quindi tutte le mattine alle 5,30 uscivamo per andare alla lezione che cominciava alle 6,00 e all'andata tutto bene, come si dice "tutto in discesa". Era il ritorno il nostro incubo quotidiano: 20 minuti tutti in salita con strappo finale per raggiungere il nostro albergo che era, naturalmente quello più in alto e poi altri tre piani di scale. Dopo due ore di ashtanga era davvero una fatica! Ogni giorno dopo la pratica, ci trascinavamo su per quella collina, per fare una doccia prima della tanto attesa colazione. Avevamo trovato, ai piedi della lunga salita, un piccolo ristorante gestito da alcuni ragazzi tibetani gentilissimi. Un posto semplice, non troppo curato, ma dall'atmosfera tranquilla, con una colonna sonora adatta al momento che stavamo vivendo e, soprattutto una colazione strepitosa! Inutile dire che mano a mano che passavano i giorni, la pratica si intensificava e la risalita per la doccia sembrava sempre più impervia e faticosa. Ogni giorno Roberto, arrivati in prossimità dei tibetani chiedeva "ma se ci fermassimo per la colazione e facciamo la doccia dopo?". "No, no - rispondevo io con il solito tono un po' asburgico come se avesse detto la più grande delle bestialità - siamo tutti sudati, bisogna fare la doccia!". Ma dopo poco più di una settimana ho ceduto! All'ennesima domanda "cosa dici ci fermiamo prima qui?" un giorno ho detto "SI" e così la prassi è diventata che passavamo circa due o tre ore tra ordinare, aspettare e mangiare, in quel piccolo giardino. In quel tempo ci connettevamo con il mondo, con la mia allora piccolissima nipotina, qualche amico e un po' di famiglia.


Le colazioni dai tibetani sono rimaste per me e Roberto tra le più buone di tutti i tempi: hashbrown, uova, frutta. Era soprattutto lo hashbrown che ci aveva colpito e ci piaceva moltissimo. In questi giorni di quarantena a Roberto è ritornato in mente "ma ti ricordi quella cosa buonissima che mangiavamo dai tibetani? La sapresti fare?". Sfida accettata, veloce confronto con La Robby ed eccovi qua la ricetta: senza glutine, a basso indice glicemico, con un buon apporto proteico e grassi buoni. Naturalmente potete accompagnare gli hashbrown con qualunque cosa vi piaccia.... Tra quelle ammesse, ovviamente! Buon appetito!


Tortini di patate (Hashbrown) e uova in camicia con funghi e avocado


Ingredienti (per due persone)

per i tortini di patate:

4 patate piccole

1 uovo

sale qb

pepe qb

ghee/olio di cocco per ungere la pentola

Per le uova in camicia:

2 uova

un cucchiaio di aceto

acqua

sale e pepe

2 funghi

1 avocado


Procedimento

Con una grattugia a maglie larghe, grattugiare le patate e raccoglierle in una ciotola. Aggiungere l’uovo leggermente sbattuto, condire con sale e pepe e amalgamare bene tutti gli ingredienti.

Ungere una padella antiaderente, riscaldare un cucchiaio di ghee, appena è caldo, versare (eventualmente ci si può aiutare con un coppapasta, ma poi va schiacciato e steso un po') metà delle patate. Lasciare cuocere a fuoco basso per 5/7 minuti, quando il tortino sarà abbastanza fermo, girarlo sull’altro lato e cuocere per altri 5 minuti. Procedere allo stesso modo con le restanti patate.

In una pentola fare bollire abbondante acqua (1/2 litro) a cui aggiungerete un cucchiaio di aceto. Quando inizia a bollire, girate forte l'acqua con un cucchiaio per creare una sorta di mulinello, versate l’uovo (uno alla volta) e con l'aiuto del cucchiaio cercate di radunare l’albume intorno al tuorlo. Cuocere per un paio di minuti, estrarre l’uovo dall’acqua e posarlo sopra il tortino di patate. Affettate i funghi (uno per persona) e l’avocado (mezzo per persona) e metteteli nel piatto intorno alla tortino con l’uovo. Condite l’uovo con sale e pepe, così come i funghi e l’avocado.


Lucia Di Lucca

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