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Immagine del redattoreLaRobby

Toglietemi tutto, ma non il mio olio di cocco!

Lucia e io siamo granitiche sostenitrici del cibo del territorio, del km0, del basare la nostra dieta su ciò che fa parte della nostra tradizione. Tuttavia, esistono alcune eccezioni a questa regola, legate alle straordinarie, insostituibili proprietà di alcuni super-alimenti. Abbiamo già parlato di uno di questi, l’indispensabile, golosissimo avocado, frutto dalle mille virtù. L’altro è sempre un frutto, anch’esso praticamente senza zucchero ma ricchissimo di grassi, i cui derivati sono un fondamento essenziale delle ricette che vi proponiamo. Sto parlando ovviamente della noce di cocco, dalla quale si ricavano il prezioso olio, il latte e lo yogurt, la farina e della quale si possono consumare la polpa e l’acqua, dissetante bevanda tropicale ricca di sali minerali.

In tutti i paesi in cui la palma da cocco è endemica, gli abitanti ne hanno sempre venerato il frutto come preziosa fonte di nutrimento e come rimedio medicinale. In India la medicina ayurvedica ne riconosce le proprietà curative da oltre quattromila anni, ma in tutta la fascia tropicale ed equatoriale la noce di cocco e in particolare l’olio da essa estratto sono utilizzati per la terapia di svariatissime patologie.

Eppure l’olio di cocco è stato pesantemente attaccato da una parte dell’informazione medica, a causa del fatto che si tratta di un grasso saturo e come tale corresponsabile di patologie cardiovascolari. Tutto chiaro quindi, si tratta di un prodotto dannoso che solo l’ignoranza dei popoli primitivi e che non dispongono di risorse mediche fa considerare utile e benefico.


Ma è davvero così?

A prescindere dalla revisione critica che è stata fatta recentemente sul colesterolo, che ha dimostrato che bassi livelli di colesterolo totale sono associati a rischio aumentato di patologie neurodegenerative e che ciò che in realtà è dannoso non è il colesterolo in sé ma quello ossidato (processo che avviene particolarmente in presenza di alti livelli di zuccheri), l’olio di cocco è un grasso molto peculiare che non si può confondere con gli altri grassi saturi.

Cerchiamo di capire il perché.

I grassi sono classificati a seconda della loro saturazione, ossia dei legami presenti nella loro molecola, in saturi, monoinsaturi e polinsaturi.

Inoltre sono classificati a seconda della loro dimensione in acidi grassi a catena corta (SCFA), media (MCFA) e lunga (LCFA). Tre grassi acidi uniti da una molecola di glicerolo costituiscono un trigliceride (rispettivamente a corta, media e lunga catena). La stragrande maggioranza degli acidi grassi che consumiamo è a lunga catena, mentre l’olio di cocco è quasi unico a causa del fatto che è un acido grasso a media catena (MCFA); a causa di ciò, è più idrosolubile e più facilmente digeribile e non richiede bile né enzimi digestivi pancreatici per essere assorbito.

Mentre gli LCFA devono essere spezzati in componenti più piccoli e assorbiti sotto forma di lipoproteine dette chilomicroni, che poi passano nel sangue e vengono trasformate nel fegato in LDL (Low Density Lipoprotein), gli MCFA attraversano intatti la parete intestinale e vengono inviati direttamente al fegato, che li utilizza per produrre energia sotto forma di chetoni. Non circolano quindi nel sangue e non ostruiscono le pareti delle arterie.


A causa della facile digeribilità essi migliorano l’assorbimento delle vitamine liposolubili (A, D, E, K1e K2), di calcio e magnesio, di alcune vitamine del gruppo B e di alcuni aminoacidi. A causa del migliore assorbimento di vitamina D, K2, calcio e magnesio viene favorita la salute dell’osso. Uno studio ha dimostrato che massaggiarlo sulle gengive per dieci minuti al giorno per almeno tre settimane induce una significativa riduzione della placca e delle carie causate da Streptococco mutans.

Il latte materno è una fonte di acido laurico (intorno al 3-4%), il principale grasso del cocco, ed è stato dimostrato che più alto è il contenuto più sano è il bambino. Se la madre assume olio di cocco in buona quantità in poche ore tale contenuto può arrivare al 18%, cosa che promuove la crescita e lo sviluppo e migliora la resistenza alle infezioni.

L’olio di cocco può essere usato senza problemi da chi ha carenze di enzimi digestivi o patologie della colecisti, permettendo a questi pazienti, di solito carenti di parecchi nutrienti, di assorbirli in modo più consistente.


Aggiungere olio di cocco alla dieta permette di avere a disposizione energia di pronto utilizzo senza intervento dell’insulina, e quindi senza i conseguenti cali glicemici. Infatti l’olio di cocco è paradossalmente un grasso dimagrante, a causa della prolungata sensazione di sazietà che induce e anche del fatto che accelera il metabolismo, perché ha un’azione stimolante sulla tiroide e può correggere stati di ipotiroidismo causato da stress o alimentazione inadeguata (teniamo presente che la nostra società è in gran parte composta da persone malnutrite, a causa dell’industrializzazione dei cibi, dell’alto consumo di zuccheri e cibi raffinati, di olii idrogenati), ovviamente insieme alla correzione degli squilibri sottostanti. Dal punto di vista endocrino la produzione di energia svincolata dalla risposta insulinica determina un effetto preventivo e protettivo nei confronti delle patologie insulino-dipendenti, dal diabete alla sindrome metabolica, all’obesità e ai tumori correlati agli estrogeni. Peraltro la protezione nei confronti dei tumori è anche legata al suo potente effetto antiossidante e anti radicali liberi.


L’olio di cocco ha anche una importante azione antibatterica, antifungina e antivirale, poiché un monogliceride da esso derivato, la monolaurina, è in grado di distruggere il rivestimento lipidico di questi microrganismi; inoltre aiuta a ripristinare il corretto equilibrio del microbiota intestinale. Uno studio pubblicato su mSphere ha dimostrato che i topi ai quali era stato somministrato olio di cocco hanno avuto un calo di 10 volte delle colonie intestinali di Candida albicans, rispetto a quelli alimentati con olio di soia o sego bovino. Il suo uso regolare può prevenire l’influenza e aiutare il sistema immunitario a combattere infezioni quali epatite C, herpes e virus di Epstein Barr.


Ma la vera carta vincente dell’olio di cocco è il suo potere chetogenico. La ricerca medica più recente sta dimostrando gli incredibili benefici dei corpi chetonici (che si producono dalla lisi dei grassi durante il digiuno o con diete ipoglucidiche e ipoproteiche), soprattutto a livello neurologico. Il neuroscienziato americano Mark Mattson che si occupa di malattie neurodegenerative ha ottenuto eccellenti risultati sia in modelli animali che in pazienti affetti con l’induzione della chetosi attraverso il digiuno. L’olio di cocco ci offre la possibilità di produrre chetoni in maniera diretta, fornendo al sistema nervoso un carburante pulito che non produce ROS (radicali liberi dell’ossigeno) e non richiede l’intervento dell’insulina. Nel suo famoso libro “The coconut oil & low-carb solution” la dott.ssa Newport racconta come ha curato il marito affetto da Alzheimer con una dieta chetogenica abbinata a somministrazione di olio di cocco, prolungandone la sopravvivenza e dandogli una qualità di vita considerata impossibile dagli indicatori prognostici.


Ma allora perché l’American Heart Association lo stigmatizza come dannoso e fonte di rischio cardiovascolare? La maggior parte dei lavori, inclusa una recentissima, vasta metanalisi aggiornata a maggio 2019, concludono che migliori il profilo lipidico, incrementando la quota di colesterolo HDL. Gli autori sottolineano però che gran parte degli studi nei quali è stato riscontrato un aumento del colesterolo totale e LDL non erano basati su olio di cocco vergine ma lavorato e che “Extra-virgin or virgin coconut oil did not significantly increase LDL-C and TC” (l’olio extravergine o vergine di cocco non ha incrementato in modo significativo le LDL e il colesterolo totale).


Possiamo ottenere gli strepitosi benefici offerti da questo dono della natura solo se lo consumiamo biologico, vergine e spremuto a freddo. Ricordo che essendo un grasso saturo non viene alterato dalla cottura, a patto di mantenere la temperatura non troppo alta, e può tranquillamente essere utilizzato per cucinare. È una molecola di piccole dimensioni che viene facilmente assorbita anche attraverso la cute e quindi agli effetti cosmetici per pelle e capelli, ben conosciuti dalle donne dei paesi tropicali, si aggiunge anche quello dell’assorbimento transdermico.


E se tutto questo non vi basta, Lucia vi sommergerà di golose ricette a base di olio di cocco!

Roberta Raffelli


Per approfondire consiglio:


Newport Mt. The Coconut Oil and Low-carb Solution for Alzheimer's, Parkinson's, and Other Diseases: A Guide to Using Diet and a High-energy Food to Protect and Nourish the Brain. Basic Health Pubns; Revised edition (1 agosto 2015)

Mercola J. Trasforma il grasso in energia. MyLife, Coriano di Rimini, 2017

Mercola J. Ketofast. MyLife, Coriano di Rimini, 2019

Forsythe CE. Comparison of low fat and low carbohydrate diets on circulating fatty acid composition and markers of inflammation. Lipids. 2008 Jan;43(1):65-77

Kearney TW et al. Manipulation of Host Diet To Reduce Gastrointestinal Colonization by the Opportunistic Pathogen Candida albicans. mSphere Nov 2015, 1 (1) e00020-15

Prior IA, Davidson F, Salmond CE, Czochanska Z. Cholesterol, coconuts, and diet on Polynesian atolls: a natural experiment: the Pukapuka and Tokelau island studies. Am J Clin Nutr. 1981 Aug;34(8):1552-61

Ogbolu DO, Oni AA, Daini OA, Oloko AP. In vitro antimicrobial properties of coconut oil on Candida species in Ibadan, Nigeria. J Med Food. 2007 Jun;10(2):384-7

Dreon DM et al. Change in dietary saturated fat intake is correlated with change in mass of large low-density-lipoprotein particles in men. Am J Clin Nutr. 1998. May;67(5):828–836

Assunção ML et al. Effects of dietary coconut oil on the biochemical and anthropometric profiles of women presenting abdominal obesity. Lipids. 2009 Jul;44(7):593-601

Khaw KT, Sharp SJ, Finikarides L, et al. Randomised trial of coconut oil, olive oil or butter on blood lipids and other cardiovascular risk factors in healthy men and women. BMJ Open. 2018;8(3):e020167

Teng M et al. Impact of coconut oil consumption on cardiovascular health: a systematic review and meta-analysis. Nutr Rev. 2020 Mar 1;78(3):249-259

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