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Toglietemi tutto ma non la mia Vitamina C!

In mezzo all’enorme mole di lavori spuntati come funghi quest’anno sul tema dell’infezione da virus SARS-CoV2, meglio nota come COVID-19, si alza ogni tanto qualche timida voce che, anziché tessere le lodi di antivirali, antireumatici, antinfiammatori, anti-tutto, sottolinea le condizioni carenziali e di infiammazione che sono alla base delle manifestazioni più gravi della malattia e suggerisce di intervenire, in senso preventivo ma anche terapeutico, in questa direzione.

È il caso della bella revisione della letteratura fatta da un gruppo di nutrizionisti torinesi e pubblicata recentemente su Nutrition, in cui viene evidenziata la correlazione fra obesità, malnutrizione, carenza di micronutrienti (in particolare zinco e selenio) e vitamine (in particolare D, C, A ed E) e le forme severe e a maggior mortalità da infezione, non solo da SARS-CoV2 ma anche da altri coronavirus e virus influenzali.


"Because an etiologic and definitively effective treatment for COVID-19 has not yet been performed, the factors associated with the risk for disease severity should be recognized and managed, including nutritional status derangements, as the significant prognostic relevance of an early and adequate nutritional intervention, even in critical patients, has been widely demonstrated".

In sintesi, i ricercatori concludono che, mentre non è ancora disponibile un trattamento davvero efficace per il COVID-19, è stato ben dimostrato che un intervento nutrizionale precoce e adeguato ha un significato prognostico rilevante.

Nulla di sconvolgente per chi come noi predica da sempre queste cose, ma un punto di vista quasi rivoluzionario per la medicina “ufficiale”.


Fra i vari nutrienti citati come importanti in questo lavoro, parliamo oggi della più famosa fra le vitamine, quella per la quale il confine fra realtà e leggenda è sempre sfumato, venerata da alcuni e considerata poco più di un placebo per altri.

Mi riferisco naturalmente all’acido ascorbico o vitamina C, una vitamina idrosolubile, dotata di forte capacità antiossidante.

La sua storia è nota: durante l’epoca delle grandi navigazioni transoceaniche, molti marinai morivano di una malattia chiamata scorbuto, a carico soprattutto dei tessuti connettivi, caratterizzata da emorragie per lesioni delle pareti capillari, danno osseo e cutaneo. Il medico della flotta reale britannica James Lindt nel 1747 provò a curarla con succo di arancio e limone e incredibilmente nel giro di pochi giorni vide tutti i pazienti riprendersi e guarire.

La molecola venne isolata e cristallizzata fra il 1928 e il 1933 ma solo nel 1934 Walter Haworth riuscì a sintetizzarla in laboratorio, cosa che gli valse il Nobel per la chimica nel 1937, mentre nello stesso anno ad Albert Szent-Gyorgyi Von Nagyrapolt fu assegnato quello per la medicina per le sue scoperte sulla fisiologia della vitamina.


La vitamina C viene assorbita per diffusione passiva principalmente a livello dell’intestino tenue e immagazzinata nel surrene e nel fegato, mentre la quota eccedente è eliminata con le urine. Come sappiamo, particolarmente ricche di vitamina C sono frutta e verdura; tuttavia, essa è facilmente ossidabile e molto sensibile alla luce e al calore, quindi devono essere consumate crude e fresche. Fra gli alimenti più ricchi in vitamina C troviamo peperoni, broccoli, patate dolci, cavolfiori, cavolo, cavolini di Bruxelles, kiwi, agrumi, fragole e frutti di bosco.


Ma a che cosa serve la vitamina C?

È fondamentale per il corretto funzionamento del sistema immunitario e per la sintesi di collagene nell’organismo; come abbiamo visto, infatti, la sua carenza determina l’insorgenza dello scorbuto. Protegge virtualmente ogni organo del nostro corpo dagli effetti dell’invecchiamento; per la sua potente azione antiossidante difende dallo stress ossidativo, prevenendo il danno dei radicali liberi sul DNA e sulle pareti vascolari. Il suo ruolo nella produzione e riparazione del collagene inoltre aiuta a rendere più liscia e giovane la pelle, contrastando il processo di formazione delle rughe e proteggendo dal danno indotto dai radicali liberi generati dall’azione dei raggi ultravioletti. A livello immunitario la sua azione è legata allo stimolo dell’attività dei globuli bianchi, all’aumento dei livelli di interferone, al potenziamento della produzione anticorpale e probabilmente a vari altri meccanismi ancora poco noti.


Per quanto riguarda l’osso e le articolazioni una supplementazione di 1000-5000 mg giornalieri di acido ascorbico favorisce la sintesi di collagene e migliora l’elasticità e la resistenza alle fratture. Un consumo elevato di vitamina C, E, selenio e carotene riduce il rischio di cataratta e degenerazione maculare.

A livello cardiovascolare la vitamina C protegge lo strato endoteliale della parete vascolare e riduce la pressione sistolica. Una dose giornaliera di 1000 mg, suddivisa in due somministrazioni, riduce la costrizione vascolare indotta da una proteina chiamata endotelina-1, particolarmente attiva nelle persone in sovrappeso, nelle quali rappresenta un fattore di rischio coronarico. Sembra che l’effetto antipertensivo sia legato anche alla capacità della vitamina di eliminare il piombo dall’organismo, che è associato ad ipertensione e aumento della mortalità cardiovascolare. Inoltre vari studi documentano che maggiore è il contenuto di vitamina C nel sangue, minori sono i livelli di colesterolo totale e trigliceridi e maggiori quelli di HDL.

Nel diabete è spesso presente un deficit cronico e latente di vitamina C, che comporta maggiore permeabilità capillare, cattiva guarigione delle ferite, diminuita efficienza del sistema immunitario. Inoltre la vitamina C in questa malattia contrasta il danno ossidativo provocato dall’aumento dei radicali liberi, migliora il controllo della glicemia e inibisce la glicosilazione delle proteine. Stimola poi la produzione di carnitina, che aiuta il corpo a trasformare il grasso in energia, e di catecolamine, gli ormoni surrenalici che sostengono la prima fase della risposta allo stress.

Ha inoltre una marcata attività antinfiammatoria, favorisce la cicatrizzazione delle ferite (particolarmente importante nei pazienti con ulcere da decubito, nei quali sono documentati bassi livelli ematici di vitamina C), ha attività preventiva nei confronti di vari tipi di cancro, migliora la spermatogenesi e previene la preeclampsia gravidica e la rottura prematura delle membrane. Questi effetti si spiegano sia con l’attività antiossidante che con il potenziamento delle difese immunitarie e con il fatto che aiuta a difendersi dall’inquinamento ambientale e dalle sostanze chimiche tossiche.

Il deficit di vitamina C è associato anche a depressione e declino delle funzioni cognitive. A livello del tessuto nervoso lavora in sinergia con la vitamina E, liposolubile, rigenerandone la capacità antiossidante nei confronti degli acidi grassi delle membrane neuronali. Un esempio di questa attività sinergica ci viene da uno studio pubblicato su «Archivies of Neurology» nel 2004, nel quale le persone che integravano vitamina C ed E avevano un rischio ridotto a un quarto rispetto a chi non ne assumeva, ma questo non si verificava per chi prendeva le due vitamine da sole. L’associazione di vitamina C ed E è efficace nel rallentare l’evoluzione del Parkinson in pazienti non ancora trattati farmacologicamente.

Secondo il nutrizionista inglese Patrick Holford, esperto di patologie neurodegenerative, la dose ottimale sarebbe 1 grammo al giorno fino ai 40 anni, per poi aumentare di 1 grammo ogni 20 anni. La vitamina C va assunta in modo frazionato perché si elimina nell’arco di 4-6 ore; essendo debolmente acida può dare bruciore gastrico e in questo caso conviene assumere una forma tamponata.


Ma in generale ha senso una supplementazione di vitamina C? Sicuramente sì in alcune categorie di persone: fumatori, a causa dell’elevato stress ossidativo indotto dal fumo; anziani, poiché con l’età diminuisce l’assorbimento; in corso di infezioni di qualunque tipo, malattie neurodegenerative, precancerose, osteoporosi, patologie cardiovascolari, cataratta, oligospermia, ulcere cutanee, diabete. È anche fondamentale in chi non consuma una quantità adeguata di vegetali freschi e crudi.

La supplementazione può essere effettuata in maniera naturale, aumentando l’apporto di questi cibi e utilizzando regolarmente verdure fermentate, nelle quali il contenuto aumenta fino a 6 volte quello di partenza. Tuttavia è quasi sempre necessario associare un apporto ulteriore e a questo proposito esistono molte discussioni sui dosaggi più appropriati.

Secondo il protocollo Pauling andrebbero assunti fra 2 e 9 gr in condizione di benessere e una dose che arrivi al limite della cosiddetta tolleranza intestinale in caso di malattia. Per tolleranza intestinale si considera la soglia oltre la quale compare diarrea. Probabilmente in individui sani una dose di 500-1000 mg giornalieri fornisce un’adeguata protezione antiossidante, anche se in situazioni patologiche si può raggiungere il limite di tolleranza senza rischi. Essendo idrosolubile la vitamina C in eccesso viene eliminata per via renale e in pazienti in dialisi, nefropatici, con gotta o calcolosi renale ricorrente esiste probabilmente un rischio aumentato di formazione di calcoli. Un’altra controindicazione è rappresentata dalle terapie oncologiche, in quanto in questi casi la produzione di radicali liberi fa parte dei meccanismi di distruzione delle cellule cancerose, che potrebbe essere meno efficace in presenza di antiossidanti.

Parlando di COVID-19, ecco quanto riportato dalla review sopra citata:

- Lower severity and mortality from pneumonia in individuals with higher serum vitamin C values (la gravità e la mortalità da polmonite sono minori in individui con più alti livelli ematici di vitamina C)

- Intravenous administration could reduce mechanical ventilation requirement through the amelioration of lung injury (la somministrazione endovenosa reduce la necessità di ventilazione meccanica attraverso il miglioramento del danno polmonare)

- No consensus for supplementation in COVID-19, suggested 1.5 g/kg body weight administration as safe (non c’è accordo sul dosaggio nel COVID-19, ma 1,5 gr/kg di peso corporeo sono considerati sicuri)


Aggiungo a tutto questo che una sostanza dotata di così grandi proprietà è anche incredibilmente economica e facilmente reperibile; fa eccezione la forma liposomiale, preparazione che la rende molto più biodisponibile ed efficace, ma che ha un costo piuttosto importante e a mio avviso va riservata ai casi nei quali abbiamo bisogno di un’azione particolarmente incisiva. La vitamina C per via endovenosa va ovviamente riservata a pazienti gravi, quali gli oncologici o gli infettivi con quadri severi, e somministrata sotto stretto controllo medico.


A conclusione di questa carrellata, vi ricordo che trovate queste informazioni nel capitolo sugli integratori del libro mio e di Monica Bertoletti “Menopausa- Il tempo ritrovato”, insieme a quelle sulle altre vitamine e micronutrienti.


Non fatelo mancare sotto l’albero di Natale, insieme a un bel barattolone di vitamina C!



Per approfondire consiglio:


Hemilä H. Vitamin C supplementation and the common cold--was Linus Pauling right or wrong? Int J VitamNutr Res. 1997;67(5):329-35

Holford P., Manuale di nutrizione familiare. TecnicheNuove, 2008

McRae M.P. et al, Vitamin C supplementation lowers serum low-density lipoprotein cholesterol and triglycerides: a meta-analysis of 13 randomized controlled trials. J Chiropr Med. 2008 Jun;7(2):48-58

Pauling L.C., Vitamin C and the Common Cold. San Francisco: W.H. Freeman; 1970

Zandi PP; Cache County Study Group. Reduced risk of Alzheimer disease in users of antioxidant vitamin supplements: the Cache County Study. Arch Neurol. 2004 Jan;61(1):82-8

Fedele D, De Francesco A, Riso S, Collo A. Obesity, malnutrition, and trace element deficiency in the coronavirus disease (COVID-19) pandemic: An overview. Nutrition. 2021 Jan;81:111016.

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