Come in tutte le famiglie, anche nella mia ci sono parole, espressioni e aneddoti che sono passati alla storia e che ancora ci fanno ridere nelle ormai rare occasioni in cui ci incontriamo.
La nonna Giuditta e il nonno Nato (Fortunato, all'anagrafe) sono stati, per tutti noi sei nipoti un esempio di praticamente tutte le virtù umane. Instancabili lavoratori, avevano la campagna, l'orto, gli animali e noi. M e M vivevano con loro insieme alla zia L. M e G venivano invece, in occasione delle feste comandate, qualche domenica durante l'anno e per le vacanze estive. Mio fratello ed io gravitavamo continuamente intorno a loro, abitando solo a pochi km di distanza, così tutte le volte che i nostri genitori erano impegnati erano i nonni a badare a noi, così come pure quelle uniche due volte in cui hanno affrontato un viaggio in Germania a bordo della Diane 6 della zia L. E poi a capodanno, le domeniche e in molte altre occasioni. Passare il tempo con i nonni, lo devo ammettere, è sempre stato esilarante. La nonna Giuditta che pure ci metteva in riga come un generale, era altresì capace di farci crepare dalle risate. Giocava con noi a carte o a tombola e, anche se nessuno ha mai capito come potesse succedere, vinceva sempre lei. La tombola finiva sempre con nipoti e figlie in bancarotta e lei che rideva afferrando il suo gruzzoletto.
Una sera di primavera di .... mah, un sacco di anni fa, non ricordo quale fosse esattamente l'occasione, se un anniversario di matrimonio o il compleanno del nonno, siamo stati tutti chiamati a rapporto per una cena di famiglia in un ristorante di pesce della laguna di Marano. Come sempre in queste occasioni di famiglia in cui il nonno Nato e la nonna Giuditta erano il centro dell'attenzione, l'atmosfera era allegra e si creava una sorta di entusiasmo, di ilarità contagiosa. Il tutto, quanto meno nei miei ricordi, era reso ancora più divertente dal fatto che quando eravamo tutti insieme la nostra lingua di famiglia era una varietà di dialetto friulano. I nonni praticamente parlavano solo quello, le figlie erano cresciute con questo dialetto come lingua materna e noi lo avevamo imparato, chi più chi meno, proprio in queste e per queste occasioni.
Dunque, dicevo, eravamo al ristorante, finita la cena arriva il tanto atteso momento del dessert (erano altri tempi, quelli della giovinezza incosciente e inconsapevole e ancora mangiavo dolci... QUEI dolci!). Tutti in trepidante attesa, ci mettiamo in modalità silenziosa per ascoltare le proposte che la cameriera stava elencando: Meringata con cioccolato fuso, tortino al cioccolato con mirtilli, millefoglie e fragole con panna. Prima che chiunque avesse ancora formulato un pensiero su ciò che avrebbe desiderato, nel silenzio sacrale che era calato per ascoltare i dessert si sente tuonare la voce della nonna Giuditta "Fragole, io!". Passa un altro momento di assordante silenzio seguito immediatamente da una fragorosa risata di tutti gli altri commensali. E via i commenti "Fragole?", "ma come fragole, nonna?"; "mamma, ma vuoi le fragole davvero?"; "nonna con tutte le cose buone che ci sono.....". Niente da fare, la nonna Giuditta ribadisce: "Fragole, io!". Tutti continuiamo a guardarci e a guardarla un po' stupiti e molto divertiti, mentre ordiniamo praticamente in coro "Meringata!".
Dopo poco, la cameriera arriva a consegnare i nostri dessert: "meringata, meringata, meringata..... e le fragole per la signora". La nonna Giuditta guarda la sua coppetta di fragole come se avesse visto, non so, un mazzo di erbe da campo, delle patate.... Non so dire se era più sorpresa o delusa e con tono deciso ha tuonato (lo dirò in italiano, ma naturalmente la versione originale fu in friulano!): "Nato, son more! Ho pieno l'orto di more! Tieni, mangiale tu". Per qualche strano motivo, i miei nonni chiamavano "more" le fragole e qui è stato l'inghippo! Il nonno Nato, naturalmente si è rifiutato di scambiare la sua bella fetta di meringata con le "more" della nonna. Non so come sia finita, perché dopo un attimo di panico che ha attraversato come una scossa tutto il tavolo, noi tutti siamo scoppiati a ridere, a ridere, ma così tanto che avevamo tutti le lacrime agli occhi e le nostre fette di meringata hanno dovuto attendere che ci ricomponessimo. Ancora oggi, anche se le occasioni di ritrovarci tutti insieme sono rare, basta che qualcuno dica "Fragole...." e subito qualcun altro completa con "Io!" e via a ridere come pazzi, ricordando i mitici nonni.
Concludo con una curiosità linguistica che non c'entra niente con quanto scritto sopra, ma era un po' che mi dava da pensare. Mi ero sempre domandata perché mai il gomasio si chiamasse gomasio. E così, come è accaduto a molti per l'hummus, anche io sono caduta nel tranello dell'ignoranza linguistica e ho chiamato gomasio qualsiasi trito di semi e spezie, erbe, sale. Poi, facendo delle ricerche ho scoperto che gomasio è una parola composta giapponese: nello specifico goma significa semi di sesamo, mentre shio è sale. Ecco, non dirò mai più gomasio di..... se non saranno presenti i semi di sesamo.
Ora per tornare alle fragole, una ricetta semplicissima, fresca, di stagione e con i colori della primavera!
Insalata di primavera con fragole e pesto al basilico
Ingredienti
- insalata solanova
- radicchi di campo
- finocchi
- fragole
- tamari o aceto balsamico
- olio evo
per il pesto al basilico:
- un mazzetto di basilico fresco
- 70 gr di semi di canapa
- 5/6 noci
- un cucchiaio di lievito alimentare a scaglie (controindicato in caso di candida) o sale qb
- olio evo
Procedimento
Lavare e mondare le verdure, lavare e tagliare le fragole a rondelle. Mettere le verdure e le fragole in una ciotola e condire con tamari o aceto balsamico e olio evo. Completare con un cucchiaino di pesto.
Pesto al basilico: lavare bene il basilico e asciugarlo delicatamente con un panno. In un frullatore o robot da cucina frullare tutti gli ingredienti insieme, aggiungendo l'olio evo a filo, fino ad ottenere la consistenza desiderata. Tutto qui, facile, ma gustoso, naturalmente potete anche usarlo come condimento per gli shirataki, di cui sicuramente parleremo a breve!
à la prochaine fois
Lucia Di Lucca
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